Per affrontare l’annosa questione “Da dove vengono gli stronzi?” dovremo innanzitutto definirli.
Stronzo: (def) uno che dici cazzo dài, ma allora sei proprio stronzo!
I primi reperti fossili di stronzo sono stati ritrovati a Pamplona e risalgono al 1956. Il fatto che non ci siano tracce antecedenti non vuol dire che prima gli stronzi non esistessero, ma è casomai la dimostrazione della teoria che non muoiano mai. In realtà, la prima testimonianza diretta di stronzo genuino risale ai tempi di Socrate. Il filosofo – così pare – poco prima di bere la cicuta, chiese al suo aiutante di reggere la coppa; poi, grazie alla sua retorica, lo persuase che quella nel bicchiere fosse Coca-Cola, fino a convincerlo a berla.
Le prime tracce scritte, invece, risalgono al periodo delle Crociate. Nelle lettere inviate dai soldati ai loro familiari, si legge degli scherzi disumani a cui i soldati venivano sottoposti dai loro stessi superiori. L’olio bollente sotto le lenzuola, le palline vibranti dentro la cotta di maglia e il più atroce di tutti: il crocifisso con su inchiodato Alan Sorrenti al posto di Gesù.
Appurato il fatto che gli stronzi sono sempre esistiti, resta ancora aperta la domanda: da dove vengono?
Secondo la teoria darwiniana, gli stronzi sarebbero l’adattamento dell’uomo alle condizioni ambientali avverse, createsi a partire dalla seconda era glaciale. Secondo altri, invece, il fenomeno risalirebbe al periodo immediatamente successivo alla scomparsa dei dinosauri (provate a fare gli stronzi con un Tyrannosaurus Rex e poi ne riparliamo). Infine, l’ultima teoria scientificamente accettata farebbe coincidere la nascita degli stronzi con i voli low-cost e i ristoranti col menù fisso a buffet. Sta di fatto che, a partire dall’homo sapiens sapiens, inspiegabilmente, l’evoluzione mise una sorta di marcia indietro e un ramo del genere umano, distaccatosi dal principale, fu più volte declassato: prima a homo sapiens, poi a homo pseudo-intellectualis, radical chic, savianus e infine stronzus.
L’homo stronzus sviluppò in fretta caratteri e tratti distintivi rispetto al suo progenitore, il sapiens sapiens. Fin da subito fu evidente che poteva riprodursi sia sessualmente che per gemmazione, soprattutto durante le cene tra amici o alle feste. Quando meno te lo aspettavi, ecco che appariva dal nulla lo stronzo di turno. Ehi, prima non c’era! Questo perché l’homo stronzus è sempre stato il cacciatore per eccellenza. Egli, infatti, si nutre principalmente di altri esseri umani, soprattutto quando li trova nella posizione “mi sto facendo allegramente i cazzi miei”. Ha due modi di predare: quello “mordi e fuggi” e quello “amico per la pelle”. Il primo modus operandi permette una grande rapidità di adattamento anche in ambienti nuovi e a lui sconosciuti. Individua la vittima e tempo un paio di ore si rivela già per quel che è: uno stronzo. In questo caso punta alla quantità di prede.
Il secondo approccio, oltre ad anni di esperienza, richiede invece audacia, tecnica e pazienza. Di solito impiega anni prima di mostrarsi per quel che è – uno stronzo – ma la soddisfazione è proporzionale all’attesa, per non dire molta di più, tanta è la goduria di vedere l’altro completamente sotto shock, incredulo, mentre dice “Tu, proprio tu, non me lo sarei mai aspettato”. Questo è il momento di maggior godimento di uno stronzo, che però coincide anche con la sua fase depressiva. Finita la missione e predata la vittima, sa che dovrà ricominciare da capo altrove. Per questo, dopo un periodo di latenza, tornerà a farsi una vita con nuove persone, nuovi amici, nuove future vittime.
Secondo la teologia, invece, Dio creò gli stronzi. Punto.