Una volta, a Berlino, parlavo con questo amico che è nato a pochi chilometri da casa mia, ma che ora sta a Berlino. Eravamo nella sua casa berlinese e c’era anche la sua morosa, berlinese di nascita.
Mi piace molto dire “Berlino” e aggettivi a essa correlati: mi fa sentire subito parecchio figo, mi sembra che m’ammanti di un’atmosfera un po’ Lou Reed e un po’ Wim Wenders. Anche se in realtà – di mio – sono il topo di campagna dei topi di campagna, penso che sberlinare spesso nel linguaggio mi faccia sembrare chissà chi, tipo uno che guarda l’orologio distrattamente e dice “Oh, è già un quarto d’ora che non vado a Berlino”.
“Berlino”, “Berlino” e ancora “Berlino”, quindi.
Di cosa vuoi parlare, a Berlino? Uh, che clima! a Londra, Com’è buono il pane! a Parigi, Compriamo dell’erba e andiamo al museo! a Amsterdam, e quindi a Berlino parlavamo di muri. Mi diceva cose tipo Hanno fatto il muro per chiudere fuori l’ovest. Però, più un totalitarismo è forte, più in realtà ha bisogno di mura per chiudere dentro i suoi. Come noi, che i migranti li mettiamo di fronte a mura d’acqua, di reati di clandestinità, e ci chiudiamo dentro alla difesa dell’identità o anche, più pragmaticamente, del lavoro.
Che poi – per dire – ammettendo che sia successo, secondo me nessun pescatore mai lascerebbe qualcuno in acqua. Se un minimo vivi il mare, pure da cacasotto come me, non ci pensi neanche a lasciare lì uno. Perché te lo immagini. Se cadi dalla barca, copri 10 metri a nuoto comodamente in pochi secondi. Il punto è che la barca da cui sei caduto ne ha coperti 15-20, e se sei stato un minimo in mare lo sai, te lo immagini addosso e non lasci lì nessuno.
Che poi a guardarli in foto, mi starebbero più simpatici un Giovanardi o un Borghezio, piuttosto che una Kyenge. Giovanardi, con quella faccia da fratello stordito di Crudelia De Mon e Borghezio, bello pacioccone, se non fosse per quell’eterna espressione da uno che ha sbagliato e ha messo il sale invece che lo zucchero nel caffè. La Kyenge, invece, mi ispira antipatia.
Il punto è che dopo aprono la bocca, parlano, dicono cose, e così la prima impressione lascia spazio alla ragione, per fortuna. Con Fini non mi succede, sarà che già a un primo sguardo sembra Sir Biss (ma come faranno a dormire, la notte, lui e Bossi? Bah).
Che poi, se il problema è che il migrante ti toglie lavoro, poi, mi farei delle domande sul tuo lavoro.
Però facciamo finta che io possa partire anche solo per fame, per moltiplicare per dieci il mio reddito (non dico neanche perché nel mio paese c’è la guerra civile e se non parto mi sparano addosso, la faccio gretta gretta) e quindi moltiplicare anche l’aspettativa di vita dei miei cari, facciamo finta che mi costi una cifra esorbitante per raccogliere la quale si sacrificano tutti i beni di famiglia, facciamo finta che io arrivi in un paese ricco nonostante un viaggio massacrante e rischiosissimo.
Mi trovo in questo paese e non ho lavoro, non conosco la lingua o la conosco poco, inoltre – è la prima volta ma mica si parte dal Tutorial, si parte da Veteran subito, in questo gioco – mi cercano perché sono clandestino.
Potrei telefonare a casa e dire “Ok, non se ne fa nulla, torno a casa.”? Credo di no. Allora mi arrabatterei, farei lavoretti in nero, venderei quello di cui riesco a rifornirmi, dormirei in condizioni disumane cercando, giorno per giorno, di migliorare la mia condizione. La stragrande maggioranza dei clandestini fa così.
Io, uscendo dall’esempio, se mi trovassi in condizioni del genere e a casa avessero investito tutto su di me, se va bene bene farei come loro. Però non lo so, se avessi dei familiari a casa, se avessi dei figli che hanno fame, io probabilmente andrei a rubare.
Insomma, la maggior parte dei migranti non sono uguali a noi, al momento. Sono meglio.
(…e poi come faccio, a fidarmi dei leghisti?! Non sono mica delle mie parti.)