Quando leggerete queste righe, io non ci sarò.

Nel senso che sarò a fare altro, non che è giunto il mio momento di entrare a far parte della Storia, pur lasciando un bellissimo cadavere.

Sarò semplicemente alla festa per il mio nipotino nuovo di zecca, interni in pelle e superaccessoriato. Quando ti si affaccia in famiglia un bambino piccolo, t’appaiono in mente tutta una serie di domande che, secondo me, se sei una persona a modino e coscienziosa, ti vengono su con naturalezza, come la merda che viene a galla quando si parla della condotta di Berlusconi o – meno prosaicamente – quando si cena coi peperoni:

“Quando potrà apprezzarla, ci sarà ancora abbastanza birra buona, nel mondo?”

“Mio fratello si incazzerà, se mio nipote mi mandasse un SMS pieno di ‘K’ al posto del ‘ch’, e di puntini messi alla cazzo, in quantità sbalorditiva, e io cercassi di pigliare a calci in culo il nipotino finché sono ancora in tempo a salvarlo?”

“Si limiterà all’erba o si farà del male sul serio?”

“Quando il giovane potrà votare, esisterà un cazzo di partito di sinistra come si deve?”

“Oh, non è che pure questo diventerà più alto di me?”

Contestualmente, mi son trovato a leggere di questa notizia, secondo la quale c’è stato del casino a Reggio Emilia a causa della distribuzione a studenti quindicenni, ad opera di alcuni volontari dell’Arcigay, di un dépliant. Il volantino incriminato spiega come fare sesso orale e anale senza correre il rischio di contrarre malattie veneree e ha scatenato polemiche tra i genitori, che hanno affermato che tutto ciò “Incita alle pratiche omoerotiche”.

Soprattutto pensando al futuro dei miei figli e dei miei nipotini, vorrei dire che sono d’accordo coi genitori polemici, perché è logico che leggendo una cosa del genere, poi si desideri impratichirsi omoeroticamente e diventare omoeroticamente pratici di pratiche omoerotiche. Perché noi, in famiglia, abbiamo proprio geneticamente questo problema di camaleontismo letterario: io ho letto il volantino e subito m’è venuta voglia di impratichirmi omoeroticamente. Quando dovevo cambiare la mobilia della camera e guardavo il catalogo IKEA, sono rimasto convinto tre giorni di essere una cassettiera Hemnes. L’ultima volta che sono andato in pizzeria, ho letto il menù e sono rimasto tutta la sera a cercare di convincere tutti che sono una pizza Capricciosa. Non mi sono mai sentito così alto, magro e fermo come quando ho letto il cartello “Divieto di sosta”.

Ma pure la mia famiglia. Una volta siamo dovuti andare a prendere mio padre, che era andato in treno a Milano, perché se ne stava fermo lì, convinto di essere la Stazione di Milano Centrale. Mio nonno, nel 1945, è rimasto imbambolato con un giornale in mano fino al 30 Aprile, ché credeva di essere l’Italia libera. Mio bisnonno, per fortuna, leggeva pochissimo e se ne stava sempre fermo e zitto fuori da casa sua – gliel’avevano data per il lavoro che faceva – a guardare la strada. Su casa sua c’era scritto “Casa Cantoniera”.

Quindi, ci mancherebbe che il mio nipotino possa correre il rischio di leggere quelle robe, quei dépliant omoincoraggianti e che gli insegnano come proteggersi dalle malattie veneree.

Anzi – guarda – per sicurezza, quando mi chiederà di aiutarlo ad attraversare la strada perché ha voglia di attraversare la strada, non gli insegnerò a stare attento, a guardare a destra e a sinistra, che le macchine che arrivano possono essere pericolose: gli dirò che non se lo sogni neanche, di attraversare la strada, anche se ne ha voglia, se gli viene naturale desiderarlo. E quindi, non dovrò imbarazzarmi a spiegargli che si deve guardare bene a destra e a sinistra. Delle macchine, poi, non esiste proprio, che gli parli: non sono mica un invertito.

A meno che io non rilegga quel dépliant, certo.