Sul tavolo al centro del giardino della fortezza ci sono cipolline glassate, rollé di salmone porri e cereali, tagliatelle fresche e spesse al tatto, materiche, quasi tentacoli di polpo che si arricciano vivi nel pomodoro fresco, spellato, appena scottato, dadolato, punteggiato di basilico asciutto e spezzettato a mano. Il tipo in livrea – candida, latte appena pastorizzato – tiene una per mano due caraffe di cristallo che riverberano e vibrano sui loro bordi, come tremolo di stradivari, il riflesso del sole calante. Da una caraffa all’altra, con velocità e leggerezza da finale cinese del campionato di ping-pong, il tipo in livrea palleggia il fondo di una bottiglia di riesling alsaziano: invecchiato ma non vecchio, niente solfati, praticamente nettare di pesca bianca matura.

Eccole le ragazze. Poggiano leggere sulle zeppe di sughero come stambecchi in pizzo alla dolomite. Sopra le zeppe, sui polpacci tesi come fucili da cecchino, s’avvitano a spire bisce d’acqua – lacci delle espadrillas per le hippies – o mamba neri – i cuoi alla greca di quelle più fasciste e abbronzate. Sono tutte sole, a quattro metri almeno una dall’altra. Si arricciano le ciocche ramate, granate, bruciate per stemperar l’attesa; fanno finta di guardar davanti ma in realtà guardano te. Sei l’unico uomo presente, sei splendido in smoking e non si conoscono tra loro. Non vogliono l’una l’amicizia dell’altra, non sono lì per quello, sono lì per competere e competere per te. Hanno intelligenze e sensibilità sopraffine: ognuna di loro potrà svelarti uno tra i più arcani dei misteri del mondo, della materia e della bellezza, se solo sceglierai proprio lei.

Schiocchi le dita, un tipo in livrea ti porta un bicchiere, bevi sereno perché sai di non ingrassare, hai un metabolismo della madonna, te lo garantisce il tuo quintale di muscoli a lavoro anche a riposo, poderosa calamita di grassi e carboidrati.

Ora indichi al tizio il ponte levatoio, quello fa un piccolo cenno d’assenso col capo e guarda l’eunuco in frac. L’eunuco abbassa il ponte. Il tramonto arrossa i merli della fortezza, ora è chiusa. Quello che succederà lì dentro si vedrà solo dallo spazio e google maps non ha voli in programma per la notte.

Ogni ragazza fa un passo verso di te. Quella con la gonna di seta bianca, corta, non guarda i suoi passi, guarda te. Ha le pupille talmente grandi, lucide e fibrillanti che ci puoi specchiare dentro interezza, contorni e periodo del tuo stesso desiderio di lei. Posi il bicchiere sul prato appena rasato: c’è un tempo per avere le mani occupate e uno per non averle.

Allarghi le braccia per accoglierla, ti dice che si chiama Silvia. Senti che profuma di mela. Posa la testa nell’incavo della tua spalla, chiude appena gli occhi, ti s’affida. Le apri la mano sulla nuca per confortarla. Lei ruota la testa verso il tuo orecchio, ti sussurra: “Adesso ti farò felice”.

È a quel punto che mi sveglia il Folletto. Ha tre potenze: pulisci; sterilizza; rompi i coglioni a chiunque in un raggio di 30km. Non credo che Ines abbia mai sperimentato le prime due.

Senza bussare apre la porta della stanza. “È pronta la colazione, Sua Santità”. Nascondo l’erezione. Mi tiro su dal letto. È tempo di preparare l’Angelus.