Per fare scienza ci vogliono i soldi. Tanti. Di solito te li da il governo, attraverso finanziamenti con dinamiche che cambiano da Stato a Stato ma che grosso modo seguono un po’ tutte le stesse regole di base: la concorrenza spietata tra gruppi di ricerca.

Ci sono le fondazioni. Le fondazioni prendono soldi da diverse parti, in gran parte dal pubblico e poi li danno ai gruppi di ricerca. La discussione non è tra pubblico e privato in questo caso, ma come arrivare alla pensione se siete un ricercatore nel pubblico!

I soldi per fare ricerca te li cerchi tu, ogni giorno, in giro per le fondazioni. Come? Scrivi un bel progetto dove presenti

a – quello che hai fatto prima e i tuoi dati preliminari
b – quello che vorresti fare.
c – come intendi farlo
d – vantaggi dalla tua ricerca
e – perché devono dare i soldi a te e non invece alla sagra della porchetta di Ariccia?
d – time table
e – i soldi che userai.

Tutti i gruppi nel Mondo scrivono progetti in continuazione e questo significa una cosa sola: concorrenza spietata. Già l’avevo detto? Lo ridiciamo: concorrenza spietata. Il motto nelle scienze, infatti, è uno e uno solo: “publish or perish”. Tenetelo a mente quando qualche stronzo in Tv verrà a farvi di nuovo la ramanzina su come finanziare la Scienza con quel “dobbiamo finanziare solo i gruppi più meritevoli”. Lo fanno già, da almeno 500 anni. Il problema non è il meccanismo di come distribuiscono i soldi, o meglio, è un grosso problema perché il vero problema, a monte, è che mancano i soldi. E la concorrenza aumenta.

Ah la meritocrazia direte voi. Già dico io, la meritocrazia un cazzo perché si crea un meccanismo alquanto perverso, per due ragioni.

La prima.

Intanto un progetto viene valutato sulla base di quello elencato sopra, tra cui i “dati preliminari”, ovvero quello che hai già fatto prima e le tue pubblicazioni. Questo significa che uno nel campo da 15 anni parte già con una percentuale di successo maggiore di chi muove i primi passi in quella direzione. Le fondazioni non guardano in faccia a nessuno. Certo, ci sono soldi destinati a categorie di ricercatori sotto una certa età, appena dottorati ecc., ma una volta passati i 35 anni, o a 5 anni dal dottorato, sei in mare aperto e devi remare. Remare duro e guardarti dagli squali che ti vogliono prima fottere e poi mangiare. I giovani gruppi sono svantaggiati

In pratica è come correre i 400 metri con Usain Bolt ai blocchi di partenza o partecipare al Tour de France con Armstrong tra i concorrenti.

La seconda è che la qualità della scienza crolla verticalmente. Se vinco un finanziamento per 4 anni di un paio di milioni di dollari, devo almeno tirare fuori un tot numero di articoli, perché se ti danno i soldi e fallisci nel tuo progetto, senza fare cioè pubblicazioni di nota, hai chiuso per sempre.

Questo porta il gruppo di ricerca, infatti, da un lato a puntare su argomenti “sicuri”, nel senso “sicuri che questo progetto te lo pagano”. Voi direte “beh, meglio non sprecare i soldi in cazzate” ed è giusto che si portino risultati, ma allora io vi chiedo: “cosa è cazzata e cosa non lo è?”. L’asticella, purtroppo, si sta spostando sempre più nella direzione “vieni, andiamo a studiare questa molecola che almeno due spicci li rimediamo” e sempre più distante dal “potremmo studiare questa molecola ché sembra interessante, ma nessuno ci darà mai quei soldi e quindi lascia perdere e vieni a studiare quella di prima che almeno una connessione con il cancro allo scroto ce l’ha già e qualcuno lo convinciamo”.

L’altra è nella qualità intrinseca degli esperimenti.

In scienza si possono avere tre tipi di risultati:
a. figo, è venuto (rarissimo, quasi mai)
b . Cristo, non è venuto (spesso)
c. non si capisce un cazzo (la costante)

E quando dico che non si capisce un cazzo, significa che non si capisce un cazzo e questo porta a 5 diversi tipi di conclusioni: affrettate, deviate, male interpretate, errate, decisamente false.

I motivi sono vari: servono dati, tanti e subito, non si possono ripetere esperimenti fatti da altri, quindi se uno afferma, pubblicandolo, che il vaccino provoca l’Autismo, molti inizialmente inizieranno a studiare le cause di come il vaccino provochi l’autismo, sprecando i loro soldi e il tempo e la loro carriera. È stato pubblicato, si presume sia vero e invece era della categoria “decisamente falso.”

Ma il dubbio dello scienziato, direte voi? È quello di trovare i soldi, non di confermare quello fatto da altri. Non più. Non è praticabile. Mi dispiace. Siamo già presi da altro. Se confermo i dati pubblicati da un altro non me li ripubblicano. Chiudo bottega il giorno dopo.

L’altra è che molti spingono sull’acceleratore per arrivare a dati conclusivi piegando la curva della statistica a loro favore. Oggi, infatti, è stato stimato che un buon 30% dei lavori già pubblicati non rispetta corretti parametri statistici. Non sto dicendo che la cosa sia completamente falsa, sto dicendo che anche qua ci sono diversi gradi di severità, dove la ricerca può essere stata deviata, falsata, male interpretata, tirata per i capelli, spettacolo di Beppe Grillo.

A questo aggiungiamo anche il fatto che, tutt’ora, i gruppi di ricerca che fanno esperimenti “blind”, cioè senza sapere chi sia chi, sono pochi. Fare esperimenti “Blind” significa che se vi do due gabbiette di topi e su una scrivo “malati” e sull’altra “sani”, voi qualsiasi test farete dimostrerete che i “malati” sono malati sul serio e i sani sono sani. Per evitare questa cosa, a chi fa l’esperimento si danno due gabbiette con su scritto A e B.

L’altro effetto collaterale si ha nei convegni internazionali, il cui unico scopo è rimasto quello di trovare lavoro e rimorchiare. Possibilmente bevendo vino a gratis. I ricercatori ad un convegno li riconoscete subito. Sono gli unici che vanno in giro con delle magliette idiote con su scritto “Neuroscience 2016″ e al ristorante, in 8, ti chiedono 12 scontrini separati per questioni di rimborso. Ma nessuno si scambia più informazioni. Di solito ti parlano un’ora su quello che hanno già pubblicato o stanno per pubblicare domani mattina ed è comprensibile, perché se uno desse un’idea buona, sarebbe subito presa da un altro gruppo, magari più grande del tuo, che ha quei bravi 4-5 studenti schiavi che li mette a lavorare 18 ore al giorno, replica i tuoi dati e ti “scoopa” l’articolo, dal verbo “to soop: fottere senza la vaselina e poi venirti in faccia senza permesso”.

Ecco, la scienza oggi soffre di scarsi fondi – più di ieri – una concorrenza spietata dovuta agli scarsi fondi per un numero di ricercatori che aumenta e a un meccanismo perverso dove tutti corrono contro tutti per rimediare i soldi per fare ricerca e che spinge a ridurne la qualità del loro stesso lavoro, azzerare le cooperazioni, ridurre al minimo lo scambio dei dati, correre sul filo di risultati falsi.

Con conseguenze comprensibilmente devastanti come il ritorno degli anti-vaccinisti, gli scettici al global warming, la frangetta corta, Donald Trump, il pensiero liberale e via dicendo.