Dopo aver imparato ad accendere il fuoco, a forgiare il metallo e a evadere le tasse, i primi uomini sulla terra iniziarono anche a dare un nome ai vari animali della zona e, soprattutto, a catalogarli secondo un ordine proprio. Quello che avete mangiato a cena era un mammut, il quadrupede in giardino è un cane e la pelliccia che indossa vostra madre, un testimone di Geova.
Il primo vero tentativo di classificare quello sconfinato zoo, però, venne compiuto da Aristotele. Come si legge nella sua opera Natura nihil frustra facit (Natura nihil frustra facit), il filosofo divise gli animali a lui noti in “con sangue” e “senza sangue”. Nel primo gruppo mise l’uomo, i quadrupedi, gli uccelli i cetacei e i pesci. Nel secondo, i molluschi, i crostacei, gli insetti, i vermi e gli ausiliari al traffico. Tale classificazione non teneva conto delle caratteristiche degli animali e si basava sui soli criteri soggettivi di Aristotele. Nella prima stesura, infatti, la moglie figurava tra i quadrupedi, ma poi quella lo minacciò di non fargli più i pompini e la rimise tra gli uccelli.
Di fatto, questa prima classificazione rimase in voga fino al Medioevo, anche perché nessuno sapeva leggere il greco.
Ai primi del 500, l’arcivescovo Isidoro di Siviglia decise di scrivere il suo personale trattato di scienze naturali e divise gli animali in otto categorie: bestie da soma, bestie selvatiche, piccoli animali, serpenti, vermi, pesci, uccelli e lavoratori a progetto. Il successo fu strepitoso e la sua opera divenne una serie TV con Amanda Lear e Lino Banfi, giungendo pressoché intatta fino al XIII secolo. Al tempo, le conoscenze scientifiche erano ancora limitate al calendario di Frate Indovino e al metodo Stamina, così che anche il manuale di Isidoro sembrava un vero e proprio trattato di scienze naturali. In realtà, tutta la zoologia era ancora una branchia della teologia e questo la dice lunga su come quei Papi comunisti considerassero Dio.
Le cose restarono così fino al Rinascimento, quando un pellicciaio di Zurigo decise di riordinare un po’ tutti quegli animali, descritti prima da Isidoro, ma in ordine alfabetico. Questo gli valse un premio Ignobel e un posto a Guantanamo, dove è ancora rinchiuso, in catene, con l’accusa di terrorismo, tentata strage e violazione del suolo pubblico.
Nel 1602, grazie al bolognese Aldrovandi, gli insetti vennero finalmente suddivisi in base alla loro anatomia. Purtroppo anche lui aveva problemi a relazionarsi con il mondo esterno, al punto che divenne un democristiano compulsivo e in quel gruppo, il De animalibus insectis, insieme a ragni e coccinelle, ci mise dentro anche diversi pesci, il cavalluccio marino e 4 senatori di Scelta Civica.
Finalmente, a metà del 1600 si decisero a scoprire il microscopio. Grazie a tale invenzione divenne più facile distinguere una zanzara da una macchia di sugo sul muro. Ecco allora che il famoso pittore ed entomologo Jan Goedart ne approfittò per scrivere il trattato Metamorphosis et historia naturalis insectorum, dove descriverà 140 specie d’insetti, soprattutto farfalle. La sua immensa collezione di farfalle segnerà un cambio epocale, non solo tra gli entomologi!
La discussione della classificazione, però, continua. Nonostante le varie migliorie, sia nel metodo sia nella classificazione di nuove specie, si continua ancora a cadere in contraddizioni, a volte banali (tipo considerare Totti un esterno d’attacco) fino a quando, nel 1707, nasce Linneo, il Google della classificazione. Egli è un misto di Ridley Scott, Bruce Springsteen e Romano Prodi: un solitario con fantasia, metodo e, soprattutto, una pazienza da far invidia ai due testimoni di Geova che tengo legati in cantina dal 1989 e che ancora non si sono convertiti al paganesimo rurale.
A soli 32 anni fonda l’Accademia delle Scienze di Stoccolma, di cui è il primo presidente, e due anni dopo diventa professore ad Uppsala. Fervente credente, egli stesso si autodefinisce il nuovo Adamo eletto da Dio per riscoprire il progetto della Creazione. Ma si rifiuta ugualmente di scendere in politica. Davanti a sé ha comunque una mole di lavoro biblico; nel 1749, infatti, sulla terra vengono stimate 20.000 specie vegetali, 30.000 vermi, 12.000 insetti, 200 anfibi, 2.600 pesci, 2.000 uccelli, 200 quadrupedi e soprattutto, 30.000 associazioni cattoliche nella sola Lombardia. Ma grazie al suo immenso credo, un sacco di tempo libero e l’iPod con dentro tutta la discografia dei Pooh, Linneo riesce nell’impresa. Mosso dal desiderio di scovare l’ordine sovrano della Natura (e non nella Natura), pubblica il Systema Naturae. Linneo, inoltre, studia tutti i minerali, i vegetali e gli animali conosciuti all’epoca e li divide, finalmente, in classi, ordini, generi e specie.
A parte il discorso dei minerali, nel quale scrisse parecchie cazzate (ripubblicate poi postume con lo pseudonimo di “Roberto Saviano”) sia la classificazione vegetale che quella zoologica (1735) diventano due pietre miliari delle Scienze Naturali. Suddivide gli animali in quadrupedi, uccelli, anfibi, pesci, insetti e vermi. L’uomo, che per la prima volta Linneo studia come qualsiasi altro soggetto della storia naturale, è inserito nei quadrupedi antropomorfi, insieme alla scimmia, al bradipo e alla Vespa special 4 marce con marmitta modificata.
Al Papa quasi gli parte un embolo. Nonostante Clemente XIV avesse da poco adottato, nello Stato Pontificio, proprio l’insegnamento botanico di Linneo stesso, inserire l’uomo tra scimmia e bradipo, più che un’offesa a Dio, era una vera e propria minaccia. Il Vaticano, allora, decide di utilizzare il protocollo Galileo (ribatezzato in seguito, metodo Boffo) e chiede a Linneo spiegazioni, a meno che non voglia finire impalato, scomunicato, arrostito e soprattutto disoccupato e con il mutuo da pagare. Linneo, allora, ridefinisce subito il genere Homo, ma con una supercazzola. Per lui, infatti, l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, con un’anima immortale e dotato di ragione che gli permette di lodare Dio. Tecnicamente, però, resta un quadrupede.
Da lì, la prima grossa bestemmia ufficiale della storia: Dio quadrupede!