Partirò da un assunto molto semplice: spogliarsi contro la violenza sulle donne è come scorreggiare contro il capitalismo, comprarsi un orologio contro la piorrea, venire in faccia a un cane contro la fame nel mondo o buttarsi dalle scale contro il morbo di Parkinson.

Intendiamoci, sono tutte cose molto divertenti, specie buttarsi dalle scale e andare a sbattere contro il morbo di Parkinson, ma nessuno è ancora riuscito a spiegarmi in che modo una serie di donne nude seguite (o scarabocchiate) da un hashtag dovrebbero convincere un camionista ceceno a prendere coscienza del fatto che è futile e gretto continuare a masturbarsi sulla gallery #senonoraquando di Repubblica.it.

Ora, io sono il primo che darebbe la vita affinché Giorgia possa girare un video musicale di lei nuda che scorreggia contro il capitalismo. Ciò detto, il gattamortismo latente di tutta una generazione di «bellachessei, bellachessono» il cui tasso di suicidio aumenterebbe a dismisura se il governo tassasse i selfies, mi ha sempre più convinto che il nemico principale del femminismo siano le donne che credono che il femminismo consista più o meno nella seguente serie di espressioni (tra parentesi alcune mie timide chiose):

– Devono esserci più donne in politica (Ovviamente. Ma anche solo donne, eh, dico sul serio. Forse però devono esserci più che altro meno deficienti che credono alle percentuali, altrimenti possiamo mettere un terzo uomini, un terzo donne e un terzo procioni e ritrovarci comunque la Santanchè alle pari opportunità).

– Tutte hanno uguale diritto a scopare Andrea Scanzi o Ryan Gosling (Sarà che il mio twitter è più scemo del vostro, che devo dirvi).

– Rivendico il mio diritto a essere grassa (E la tua amica stronza quello di continuare a rinfacciartelo).

– Il corpo è mio e me lo gestisco io (Questa aveva senso quarant’anni fa, ora non è più una rivendicazione, è una divorziata bigotta che urla contro il cugino prete. Certo che il corpo è tuo, non siamo nell’Antico Egitto e, per quanto possa sembrare vanesio, nemmeno Renzi crede davvero di essere il figlio di Ra. Una cosa è richiedere leggi, tutele e rispetto dei diritti, un’altra è strillare «Questo è il mio ombelico.»)

– Se non ora, quando? (Ma anche: se non dopodomani, cosa? Se non retroattivamente, perché?)

Ormai ai bacchettoni non danno più fastidio neanche i piercing alle ovaie, e anni dopo la frase «Gli dai il culo e pare che gli dai la merda», perfino (perfino?) la Mussolini ti va a perdonare il marito fedifrago in odore di pedofilia. E pensare che la Mussolini anche lei si era spogliata per difendere la famiglia tradizionale, che bizzarra coincidenza.

Negli anni ’70 si diceva: «Una donna ha bisogno di un uomo come Van Gogh di uno stereo.» Era una rivendicazione, una punchline, un’analisi sociologica, una battuta di un film e uno slogan.

La cosa bella è che è vero.
E che se lo dici giusto, diventa giusto.
Se lo dici di merda, stai scorreggiando contro il capitalismo.