Oggi vogliamo raccontarvi di una figura storica purtroppo sconosciuta, un uomo le cui invenzioni sono in gran parte ancora utilizzate da tutti noi, una mente non riconosciuta nella sua grandezza solo per le beffe di un fato che, beffardo, decise di farlo nascere di fianco a un genio di tale fulgore da relegare il nostro in un meritato cono d’ombra: Osvaldo di ser Piero da Vinci (Vinci, 15 aprile 1452 – Venivìdi, 2 maggio 1519).

Osvaldo fu il figlio secondogenito – gemello del primogenito, Leonardo – del venticinquenne notaio ser Piero da Vinci, di famiglia facoltosa, e di Caterina, una donna di estrazione sociale inferiore ma che ci piace immaginare dalle poppe leggendarie; sia Leonardo che Osvaldo erano frutto di una relazione illegittima fra i due. La notizia della nascita dei primi nipoti fu annotata dal nonno Antonio, padre di Piero e anche lui notaio, su un antico libro notarile trecentesco, dove si legge: “Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo. Nacq’anche un altro coso, a dirla tutta”.

La giovinezza

Mentre il giovane Leonardo da Vinci diventava sempre più bravo nel “disegnare et il fare di rilievo, come cose che gl’andavano a fantasia più d’alcun’altra”, tanto che fu mandato dal padre nella bottega di Andrea del Verrocchio a imparare e cazzeggiare dandosi dei gran coppini a mano aperta con gente tipo il Botticelli, il Perugino, il Ghirlandaio e altri sicuramente anche loro meritevoli di articolo determinativo, il giovane Osvaldo da Vinci passò la giovinezza coltivando i suoi due primi e rarissimi talenti: infilarsi innumerevoli pigne nel naso e sbagliare sistematicamente il verso d’apertura delle porte dando così delle gran facciate. Fu proprio grazie al secondo di questi talenti che, nel 1473, Osvaldo fece la sua prima invenzione, di cui è possibile leggere nelle cronache:

Osvoaldo di ser Piero da Vinci, aduso snasarsi pigiando usc’in loco di tirare e i’ stessi tirando in loco di pigiare, faticato nello spirto dalle risa de’ astanti (anco per lo gran cadere di pigne dallo naso sbattuto), ebbe lo ingegno d’apporre in ogn’uscio signi “TIRARE” e non meno “PIGIARE”, pur con granda difficoltate nella mess’in opera.

Dobbiamo dunque a Osvaldo da Vinci l’invenzione dei cartelli “TIRARE” e “SPINGERE” da mettere sulle porte, anche se, dato che il nostro metteva il cartello “TIRARE” su porte da spingere e il cartello “SPINGERE” su porte da tirare, si dovette affiancargli il cugino veneto Monaldo da Vinci Polesine per agevolare la messa in opera di detti cartelli. Monaldo fu scelto come ripiego dalla prima scelta, il cugino Medardo, a cui la famiglia era preoccupata di trovare un’occupazione che lui potesse svolgere nonostante la sua disabilità: gli mancava tutta la parte sinistra del corpo. Ma poi Medardo fece un casting per una sceneggiatura di Calvino, sfondò con la letteratura e la famiglia chiamò in causa il veneto Monaldo da Vinci Polesine, uomo il cui ingegno di certo non faceva sfigurare quello di Osvaldo da Vinci.

Osvaldo scultore

Mentre, secondo lo storico fiorentino Vasari, la bravura pittorica di Leonardo da Vinci stava spingendo il Verrocchio a dedicarsi esclusivamente alla scultura, è alla stessa che Osvaldo da Vinci si avvicinò per restarci ingavonato fino a quasi tutto il 1485; toltosi alcune delle sue pigne preferite dal naso e infilzatele con un apposito spiedo, comandò a Monaldo da Vinci Polesine di procurargli un enorme pezzo di marmo di Carrara, poiché, riportano le cronache:

ei [Osvaldo da Vinci], snasatosi e infilzati li frutti delli arbori, fece ferma decisione di trar dal freddo marmo un Busto di putto che tiene in braccio Francesco Sforza che guarda sognante la Tomba di Giovanni e Piero de’ Medici che tirano una Madonna del Garofano che somiglia a Ginevra de’ Benci con addosso un Ermellino.

Tal cosa cui Monaldo da Vinci Polesine rispose, secondo alcuni storici, “Porca troia“, anche se questa versione pare negata dal ritrovamento di alcuni annali i quali riportano Monaldo da Vinci Polesine come morto di acne qualche anno prima.

Osvaldo da Vinci cominciò così a scolpire l’enorme marmo, ma un braccio del putto risultò insanabilmente più piccolo dell’altro, così si vide costretto a ridurre il resto della scultura, e proseguì fino a notare che un orecchio di Francesco Sforza era troppo piccolo rispetto all’altro, così si vide costretto a ridurre il resto della scultura, e proseguì fino a notare che il Garofano era troppo piccolo rispetto alla Madonna, così si vide a costretto a ridurre il resto della scultura, e proseguì fino a notare altre cose che riguardavano le proporzioni di Medici, Ginevre e ermellini, così alla fine arrivò ad aver scolpito un sasso, neanche troppo grosso, ma già precursore di un postmodernismo ermeneutico in cui l’artista va oltre il mero neoclassicismo e altre innumerevoli cose che trovereste credibili e sensate se ve le dicessi da una rete televisiva a diffusione nazionale e, contestualmente, indossassi un papillon e delle bretelle.

Osvaldo da Vinci perseverò e proseguì nella produzione di piccoli sassi tondi, partendo da enormi blocchi di marmo di Carrara, mentre il fratello Leonardo si affermava e veniva inviato da Lorenzo il Magnifico a Milano, presso la corte di Ludovico il Moro. In quegli anni non dovette essere semplice far quadrare i bilanci per l’entourage di Osvaldo da Vinci, tanto che si contano numerose denunce, quale ad esempio:

avvicinatosi cotesto figuro, proposemi l’aqvisto d’un ‘Da Vinci’ originale, come m’ebbe ad assicurare, per poi – ricevuto lo malloppo – allungarmi pria un sassetto, dunque un ciottolone levigato.

Molte opere di Osvaldo furono dunque tirate dietro ai venditori, per cui se siete lungo un fiume o vedete un sasso per strada, attenzione perché potrebbe essere un Da Vinci originale. Molte di queste denunce paiono mosse alla volta di Monaldo, anche se questi documenti paiono negati dal ritrovamento di alcuni annali i quali riportano Monaldo da Vinci Polesine come morto di forfora qualche anno prima.

Osvaldo da Vinci e Leonardo da Vinci (anche raccoglibile in “da Vinci*[Osvaldo+Leonardo]”)

Fu durante gli anni in cui Leonardo era presso la corte di Ludovico il Moro, alla fine del ‘400, che iniziarono ad arrivare al sommo genio voci sull’indigenza in cui si trovavano il fratello Osvaldo e il fido Monaldo, anche se su quest’ultimo alcuni annali riportano come fosse morto di gomito del tennista qualche anno prima. Leonardo decise dunque di aiutare segretamente il fratello meno dotato, inviandogli qualche progetto. “A realizzarsi o vendersi lo progetto, una volta toltisi le pigne dallo naso“, pare scrisse Leonardo a Osvaldo inviandogli i progetti dell’elicottero.

Il nostro, toltosi alcune delle sue pigne preferite dal naso e infilzatele con gli appositi spiedi, iniziò a costruire l’elicottero, per rendersi poi conto, a lavoro ultimato, che quest’enorme vite autofilettante del diametro di circa 10 metri, mossa dalla forza muscolare di quattro uomini e costituita da una struttura di canne rivestita di una tela di lino inamidato, non aveva la benché minima intenzione di sollevarsi da terra. Osvaldo rimandò quindi i progetti a Leonardo, accompagnati dalla seguente nota: “Lo tuo elicottero – pigne o non pigne non vole sentir ragione di funzionare, non è ancor parato. Appellolo dunque, caro Lionardo, ‘Elicrudero’”.

Dopo qualche tempo, smaltita una lieve irritazione, Leonardo provò – come vedremo – a aiutare nuovamente il fratello inviandogli una Madonna che contribuirà, in maniera parzialmente fortuita, a far passare Osvaldo da Vinci alla storia.

Gli ultimi anni e i capolavori immortali

Negli anni in cui Leonardo peregrinava tra Milano, Pavia, Mantova e Venezia, Osvaldo da Vinci si ritirò ormai sessantenne a Venivìdi, frazione dell’irpina e odierna Paternopoli. È leggenda popolare che Osvaldo e il fido Monaldo si fossero persi durante una scampagnata in cerca di pigne per il naso di Osvaldo e che si trovarono a chiedere dove fossero finiti a un passante. Quando questi rispose “Venivìdi“, i due Da Vinci replicarono “Vinci!“, perché gli sembrava di aver sentito spesso il modo di dire “Venividivinci“.

Proprio alla locanda di Venivìdi, quasi casualmente Osvaldo da Vinci creò il suo primo capolavoro da inventore. Dalle cronache del Vasari:

Iunti allo loco della locanda, Osvoaldo di ser Piero da Vinci fece tentativo di vender alcuni sassi tondi da lui scolpiti quali opere d’arte et ingenio. L’avventori, scættici, parvettero replicare ‘Son sol sassi tondi’, al che Osvoaldo, snasatosi le pigne dallo naso infilzateletque cum appositi spiedi, comandò Monaldo da Vinci Polesine affinché ei portasse un sassone, a scolpirne dal vivo a beneficio de’ scættici avventori.

Così intendendo fare, Osvaldo appoggiò gli spiedi in cui aveva infilato le pigne da naso su una cassetta di legno e mise nella cassetta stessa il sasso sferico che aveva cercato di vendere. Narra la leggenda che uno degli avventori della locanda di Venivìdi provò – incuriosito – a prendere uno degli spiedi ma che questo, reso scivoloso dal muco di Osvaldo, gli sfuggì di mano e – ruotando – colpì la piccola sfera marmorea. L’avventore curioso impugnò un altro spiedo e lo stesso fece un altro avventore di fronte a lui, dall’altro lato della cassetta.

Fu così che Osvaldo inventò il Biliardino e tutti nella locanda offrirono da bere e da mangiare a lui e a uno stremato Monaldo, incredulo e da poco rientrato con un sassone tra le mani, anche se questa versione pare negata dal ritrovamento di alcuni annali i quali riportano Monaldo da Vinci Polesine come morto di masturbazione qualche anno prima.

Poco tempo dopo arrivò a Venivìdi la Madonna inviata da Leonardo a Osvaldo. Appesa nella locanda, sopra il biliardino da cui prende il nome, la Madonna del Biliardino è stata per secoli ed è tuttora oggetto di numerose invocazioni da parte di giocatori di biliardino pervasi da furore agonistico, spirito religioso, Caffè Borghetti e grappa nostrana.

Grazie alla Madonna del Biliardino, Osvaldo da Vinci passò alla storia non solo come inventore del biliardino ma anche come precursore della nobile Arte del Fumetto: è infatti ancora possibile oggi, recandosi al Museo Hermitage, sul lungoneva Dvorcovaja di San Pietroburgo, ammirare una Madonna a olio su tavola di chiara mano leonardesca, sulla quale è stata dipinta a calce bianca – con chiara mano osvaldesca – un’ellisse piena da cui spunta un baffetto che s’avvicina alla bocca della madonna. È ancora e certamente dalla mano di Osvaldo da Vinci che viene vergata a nero la scritta interna al fumetto:

U’n si frulla.

[artwork by Humani Instrumenta Victus]