Nella seconda metà degli anni novanta lo show business aveva capito che l’amore vero non funzionava più: il suo tempo era finito anni prima, insieme a Barry Manilow, a Love Boat e alla definitiva rottura tra George e Saddam, sfociata nella guerra per l’affidamento del piccolo Kuwait.

Bisognava spazzare via il passato. Servivano simboli, servivano supercelebrità per dimenticare: cocktail umani ben dosati. Forti e potenti, sì, ma soprattutto nobili, anzi, imperatori del tappeto rosso che riempissero le prime pagine dei tabloid. Niente più distrazioni sullo schermo: niente guerre, niente amore, niente politica. Il lusso, gigante.

Lui era straricco e lei una strafica, e sembra tutto facile col senno di poi.

Dopo aver chiuso con il secondo matrimonio, Donald aveva bisogno di un’altra femmina adeguata al suo status di imperatore e la stava cercando con tutta la determinazione possibile. Ovviamente un uomo del suo status non aveva alcun bisogno di scopare, né tanto meno di mettere su famiglia per la terza volta, perché gli uomini del suo status non scopano, possiedono, e non cercano di mettere su famiglia: un uomo come lui deve dotarsi di un’imperatrice che assicuri la dovuta rispettabilità televisiva al suo bianco e onnipotente cazzo coi riflettori accesi sotto. Gli serviva un accessorio di lusso. Una fica.

Melanija era una fica povera nata nella Jugoslavia comunista. Il padre faceva il meccanico in un paese comunista e la madre la sarta in un paese comunista. Una roba tristissima, ma molto arrapante per un uomo cresciuto a cheeseburger doppi e sogno americano, Pretty Woman e Ufficiale e Gentiluomo; arrapante almeno quanto il sogno di una giovane fica di non finire come le altre sfigate nei casinò di Lubiana infestati da italiani del Nord-Est in cerca della Sharon Stone di Casino.

È il 1996 e la nazione in cui è nata non esiste più; ma la povertà sì, e a ventisei anni, da modella lanciatissima, ritocca il nome in Melania e si trasferisce a New York decisa a puntare al massimo, al cazzo più grosso e potente di tutti.

Dal finestrino dell’aereo Melania inizia a intravedere le luci della città. È notte e tiene in mano lo stelo di un Manhattan con troppo whisky, che ingoia in un sorso perché sta iniziando l’atterraggio e l’hostess glielo impone. Lievemente stordita, infila un mignolo nell’angolo della bocca e punta in basso lo sguardo sottilissimo e malizioso verso New York, verso la cima della Trump Tower coi riflettori accesi sotto.

Se ci pensate i grossi pezzi di plastica colorata di questa piccola grande storia sembrano incastrarsi alla perfezione come due Duplo.

Donald è a un party pieno di giacche, di femmine e di Melania. Si è presentato con una fica norvegese, Celina. È a disagio con Celina, perché è bella, sì, ma è anche una dirigente di azienda e viene da una famiglia di protestanti tostissimi che l’hanno cresciuta a stoccafisso e pane nero. Ma soprattutto comanda anche lei, quindi agli occhi di lui non è chiaramente una femmina. E a Donald le sfumature danno fastidio.

Per fuggire beve molto, e con i suoi piccoli occhi fissa tutte le femmine con uno sguardo acquoso, in cerca di un’altra fica, quella giusta. Sbadatamente, un cameriere che gli passa davanti con una bottiglia di frizzantino rosè marca Pol Roger sbatte il vassoio sulla parte bassa del culo di Melania, che sta fingendo di essere lì per caso ed è alta due metri, tacchi compresi. Donald, ubriaco, è spaventato dal movimento improvviso: si scompone e scivola giù cercando di schivare il nulla. Qualche schizzo di frizzantino finisce sulla testa rossiccia di Donald, mentre da terra fissa per la prima volta il culo della futura imperatrice, inebetito. Melania si volta e guarda bene quel vitello rosaceo in giacca e cravatta, dall’alto in basso. Dal momento del contatto del rosè con la testa, a Donald sta tremando curiosamente un occhio.

Melania, in quel momento, intuisce una cosa che nemmeno Donald sa, nemmeno le sue altre mogli hanno mai saputo. E nemmeno Oprah, e anzi, nemmeno Dagospia. Tutti a interrogarsi su di lui, a spaventarsi, a scherzarci sopra, e nessuno a guardarci bene sotto. Tranne lei.

Ancora oggi, vent’anni dopo, tutte le notti mentre Donald dorme Melania alza quel famoso cofanetto di capelli e lo accarezza sulla cute, l’unica parte del suo corpo che non si nota, che non si proietta sul grande schermo per sembrare più grande. L’unica parte che recepisce gli stimoli esterni, che sente davvero qualcosa, l’unica vulnerabile e che non urla al mondo arrabbiata “vi rompo il culo a tutti”. L’unica parte di Donald capace di innamorarsi.

Donald, il grande guerriero statunitense, vive nella rabbia ed è felice solamente mentre dorme; ma lui non lo sa, non lo saprà mai, non consciamente.

Ogni notte mentre viene accarezzato da Melania sogna, sogna sempre il culo di quel grattacielo di donna visto da terra coi riflettori accesi sotto. E la sua cute gode.