– Si rivesta pure.
– Allora dottore, mi dica.
– Guardi, mi dispiace molto, lei è morto.
– Scusi?
– Mi rendo conto che sia difficile da accettare, ma è così: lei è morto.
– Ma… ne è sicuro?
– In pratica (dà un’occhiata alle carte che ha avanti, le sfoglia) non c’è alcun dubbio.
– Eppure, non so, mi pare strano, ecco.
– Le analisi parlano chiaro. La visita che le ho appena fatto era solo per conferma: è proprio morto.
– Non è che voglio mettere in dubbio la sua professionalità, certo, però devo ammettere che la cosa mi sorprende, tutto qui.
– Son cose che capitano, sa? Non siamo macchine perfette: abbiamo incidenti, ci ammaliamo, moriamo.
– No, ma si figuri, lo so che è naturale. Problemi di salute ne ho avuti, come tutti, ma da qui a essere morto, insomma, mi coglie di sorpresa.
– Può succedere anche all’improvviso, non sempre ci sono dei segni premonitori.
– E dire che in questi giorni mi sentivo meglio del solito. Anche il fastidio al ginocchio sembrava sparito.
– Eh, magari era un sintomo.
– Può darsi, sì.
– Ne ho viste tante di situazioni come la sua.
– Quindi può capitare così, da un momento all’altro?
– Succede più spesso di quanto immagina.
– Lei comunque, scusi se insisto, è sicuro che non sia qualcos’altro? Mia madre soffriva di diabete, magari l’ho ereditato.
– No, niente diabete. È semplicemente morto, tutto qui.
– Non me l’aspettavo…
– Il suo quadro clinico è piuttosto ovvio, elementare se mi permette. Comunque se vuole consultare qualcun altro, un tanatologo…
– Dottore, ma che dice? Sono vent’anni che vengo da lei, mi fido ciecamente.
– Lo dico per lei. Se le serve per stare più tranquillo.
– Dottore, parliamoci chiaro: se mi avesse detto che avevo una malattia grave, che avevo 3 mesi di vita, forse sarei corso da qualche costoso specialista, ma se mi dice che sono morto, sono morto punto e basta. Non è il caso di star lì a lambiccarsi, tantomeno di starci a spendere dei soldi inutilmente. Certo è un bel trauma.
– Permette un consiglio? Quando si tratta di morte, è fondamentale non abbattersi. Bisogna rimanere sereni, prendere coscienza della situazione e fare tutto quanto è necessario per affrontarla. Non c’è niente di cui vergognarsi nell’essere morti, questo è un punto che deve avere sempre bene in mente.
– Sì, lo so. Ho avuto una cugina con lo stesso problema, qualche anno fa. Le avevano consigliato uno psicologo, mi pare.
– Naturalmente. Affrontare la morte non è mai facile, né per il diretto interessato né per le persone che ha intorno. Ecco qui, le do il numero di una brava psicologa: tutti i pazienti che le ho mandato si sono trovati bene, è una persona di grande professionalità.
– Grazie.
– Si figuri, dovere.
– Dottore.
– Mi dica.
– Com’è successo? Voglio dire, c’è un motivo particolare? Lo stile di vita, forse…
– Quello può aver contribuito, ma non si può dire sia la causa vera e propria. In sostanza non c’è una correlazione diretta: molte persone che seguono uno stile di vita parecchio peggiore del suo sono più longeve.
– Un difetto genetico?
– Sì, possibile anche quello; ma vede, il corpo umano è di una complessità tale che è praticamente impossibile affermare che questo ha causato quello.
– Quindi non è possibile sapere perché sono morto.
– Esatto. Com’è anche impossibile sapere perché lei è nato.
– Be’, aspetti, io sono nato perché i miei genitori…
– Sì, ma perché è nato proprio lei? Poteva nascere un altro, non crede?
– … non ci avevo mai pensato.
– Eh, si dice spesso che la vita è strana. Ma la morte, dia retta a me, non le è da meno.
– Già…
– Su, su, si faccia coraggio. È morto, e allora? Non sarà mica la fine del mondo.
– In effetti.
– Lo vede?
– Non voglio rubarle altro tempo, dottore. La saluto, grazie di tutto. Stia bene.
– Anche lei, arrivederci.