Mi piace cliccare sui tasti e premere invio quando ho mal di testa e sono di cattivo umore, così riallaccio rapporti conflittuali con persone che ho perso di vista. Ma quel giorno avevo bevuto più del solito, la connessione funzionava bene ed ero in cerca di emozioni. Pessima combinazione. Mi venne l’impulso di spedire un curriculum per uno stage. Di solito in casi simili corro subito ai ripari: prendo un’aspirina, ci dormo su e passa tutto. Ma quella volta andai fino in fondo. Una settimana dopo notai qualcosa di strano: mi avevano fissato il colloquio. Nel giorno stabilito ero di strada e ci andai. Era un colloquio di gruppo. Consigliano di non fare scena muta in questo tipo di selezione. Ma io rimasi in silenzio, mentre gli altri si rubavano la scena a vicenda. Fingevano di nutrire speranze per il futuro. Alla fine, forse per dare un senso alla mia presenza, uno dei selezionatori mi chiese: “E lei, cosa si aspetta?”. Io: “Di sicuro non la puntualità dei mezzi pubblici”. Molti selezionatori hanno una vita triste, e quelli davanti a me non facevano eccezione, perciò risero di gusto. Stavo andando bene. Poi commisi un errore. Chiesi un caffè. Tutti mi guardarono male. Non ero stato ancora preso e già pretendevo l’intero stipendio.