A cena, felicemente apparecchiati intorno alla tavola, il vino, il ciborio, la musica e all’improvviso suonano il campanello.

Mi alzo e vado alla porta. Guardo dallo spioncino ma non vedo nulla, allora me ne frego, apro e davanti mi trovo due tizi vestiti da rappresentati dei genitori: “Salve siamo i Maya”. Bevo un altro sorso di vino e chiedo di nuovo, convinto di non aver capito bene: “Chi?”.

Maya: “Come chi, i Maya!”
Io: “Ma non era l’altro giorno?”
Maya: “Siamo venuti in treno e abbiamo perso la coincidenza a Viterbo”
Io: “In treno? Ma non viaggiavate con le astronavi?”
Maya (guardandosi tra di loro): “Dio, che dito al culo questo. Lo spazio aereo era affollato, poi volevamo viaggiare in treno, ma è partito in ritardo e abbiamo perso la coincidenza. E comunque siamo arrivati, no?”
Io: “Eh sì, ma è tardi”

A quel punto uno dei Maya mi molla un ceffone in faccia fortissimo che mi lascia senza fiato. Poi me ne dà un altro, più forte del primo, che mi fa uscire pure un paio di lacrime. Poi un terzo e un quarto e “Porco Dio” – penso – “mica lo guidavo io quel cazzo treno”. A quel punto i tipi la smettono e mi chiedono gentilmente se possono entrare.

Massaggiandomi le guance faccio un passo indietro e allungo la testa verso il salone per avvertire gli altri: “Ragazzi, sono arrivati i Maya”. Dal fondo uno mi strilla “Ma non era ieri?” e così, quei due stronzi, mossi da un riflesso incondizionato, mi mollano altri due ceffoni.

Io: “Avete deciso d’iniziare la fine del Mondo dalla mia faccia?”
Maya: “Senti bello, a noi c’è arrivata una chiamata d’emergenza dal tuo pianeta e siamo arrivati il prima possibile”
Io: “Non siete qua per raderlo al suolo?”
Maya: “Vuoi altri due ceffoni?”
Io: “Siete sempre così simpatici o è l’effetto del fuso orario?”

I Maya, allora, decidono di prendermi di nuovo a ceffoni e, mentre proseguono con questa pratica (forse un rituale prima dell’Apocalisse) dal salone arrivano gli altri. “Ehi, voi sareste i Maya?”, grida uno dei miei amici, incurante del fatto che mi stiano schiaffeggiando dal principio della storia.

Maya: “Sì, siamo i Maya. Dovevamo arrivare ieri, ma c’è stato un problema con i treni”
Loro: “Figo. Oggi allora finirà il Mondo?”
Maya (mollandomi a terra): “Be’, non saprei. Noi siamo qua per la chiamata d’emergenza”
Loro: “Quale chiamata?”
Maya: “La vostra”
Loro: “Qua nessuno ha chiamato i Maya”
Maya: “State scherzando?”
Io: “È quello che sto provando a spiegarvi da prima”
Maya: “Vuoi altri due schiaffi?”
Loro: “Già, vuoi altri due schiaffi?”
Io: “Ma che cazzo, non si può parlare con voi!”

A quel punto giunge un grosso boato, proveniente dal salone. È Babbo Natale, vestito come Rambo, con tanto di AK-47 e renne corazzate. Buttata giù la finestra e posato il borsone con chissà che cosa dentro, si unisce subito alla conversazione: “Salve, sono venuto a distruggere il Mondo”.

Io: “Qualcuno di voi ha messo del peyote nel vino?”
Loro (decidendo di schiaffeggiarmi): “Taci imbecille, non lo vedi che è armato?”
Maya: “E questo vecchio con la barba chi cazzo sarebbe?”
Babbo Natale: “Sono Babbo Natale e ora vi faccio un culo così!”

Appena pronunciata quella frase, Babbo Natale aprì il fuoco col suo fucile d’assalto, ammazzando i Maya, perforando le pareti, rompendo le porte, uccidendo tutti i miei amici, spaccando la vetrinetta dell’ingresso, la credenza, la tavola apparecchiata, l’albero, il lampadario, la TV e infine il presepe. Dopo aver scaricato l’intero caricatore sui pastorelli, tirò fuori la pistola e sparò 12 colpi ai Re Magi. Minò la grotta con del C4 e, riparatosi dietro al divano, la fece brillare. Poi lanciò altre due granate, per essere sicuro che anche l’ultimo partecipante dell’Avvento fosse stato neutralizzato.

A quel punto, Babbo Natale si accomodò su una sedia e prese a spizzicare del torrone. Da fuori, rumore di sirene della polizia in avvicinamento. Io, continuandomi a fingere morto, finii per addormentarmi.

Il Capodanno, mi sa tanto che me lo passo a casa da solo, davanti alla TV.