Storicamente, la fine della Seconda Repubblica è sempre stata auspicata con la stessa fremente attesa del finale di Beautiful. Il fatto però è che la Seconda Repubblica è andata a finire esattamente come Beautiful, ma in un altro senso. In buona sostanza, più che finire naturalmente, si sono proprio estinti i personaggi della saga. Perché ad una Sally Spectra e ad una Stephanie Forrester che ci hanno detto addio, anche nella Seconda Repubblica abbiamo dovuto salutare personaggi piacevolissimi come Walter Veltroni, Francesco Rutelli o Marcello Dell’Utri.

Quei tempi insomma si sono conclusi senza colpo ferire. Oggi ci risvegliamo vecchi e stanchi, guardando all’approssimarsi di questa catastrofe economica prevista per la vittora del No al referendum con distacco, o come una scusa per convincere gli altri inquilini a scucire i soldi per rifare la facciata del condominio prima dell’apocalisse.

Tuttavia per me il crepuscolo del berlusconismo ha significato la fine di ogni punto di riferimento. Io sono stata cresciuta dalle parolacce nei talk-show, dai servizi del tg sugli orsi polari negli zoo che d’estate mangiano i ghiaccioli e dalle linee di abbigliamento di Christian Vieri; per me vedere il medico chiedermi “con fattura 150, senza 100” non è un crimine, è una sorta di lessico familiare. Avere visto tutto sgretolarsi così mi ha lasciata senza fiato, priva di punti di riferimento. Voglio dunque condividere con voi tutto quello che di grande questo ventennio sta lasciando ai miei ricordi di gioventù.

Il SUV bianco
Tanto potente quanto ignorante, il SUV bianco è un giglio di purezza che solca le nostre strade e intasa i parcheggi. Un rombo e sono già dieci litri di benzina in meno e sette alluvioni in Bangladesh ma che importa? A chi lo guida un euro e ottanta di benzina al litro gli rimbalzano, il SUV è la Cadillac Rosa in cui si fa sempre l’amore in tre: tu, l’amante e il successo imprenditoriale. E allora corri cavallo, corri e supera a sinistra tutte quelle meste Panda color pentola alla cui guida ci sono sempre professorine femministe, tutte intente ad andare alla manifestazione a Roma per chiedere di poter lavorare in aule con tutte e quattro le pareti.

Le Hogan
Se il SUV è il destriero, le Hogan sono la divisa. Non importa se in realtà fai il panettiere in nero: indossarle significa automaticamente evocare tutto un mondo fatto di consulenze gonfiate, ordini professionali, bilanci truccati, uffici pieni di poster motivazionali, segretarie sorridenti che prendono le telefonate per te e almeno trecento euro in meno rispetto a quanto scritto sulla busta paga. Particolarmente consigliate per fare passeggiate estive sui lungomari e percorsi pedonalizzati realizzati facendo la tresca sui fondi europei per le aree più cesse del Vecchio Continente.

I talk-show con le parolacce
Non avendo visto nessun leader politico all’infuori di Berlusconi nella mia giovinezza, non ho assolutamente idea di come funzionasse la dialettica democratica ai tempi di Craxi. Ma per me non è democrazia se non ci sono sputi e bestemmie. L’Italia è una repubblica fondata sul contraddittorio. Le sentenze si rispettano ma l’anima de li mortacci tua. Andreotti non è stato condannato, ha pareggiato ai rigori e se dici il contrario è perché non te la dà nessuno, gne gne gne. No, non condannatemi, questa non è maleducazione, è dadaismo, è il rifiuto di qualsivoglia forma di controllo da parte di questo superego comunista e omosessuale che mi impedisce di rispondere alla prossima raccolta firme per un referendum a caso con un afflato: non dell’anima, ma dell’apparato digerente.

I reality
No, io proprio non so che farmene di questi egomaniaci adolescenti che diventano famosissimi facendo i palloncini con i preservativi in diretta su Facebook. Non è questo il mondo a cui appartengo. Io rivoglio le file al centro commerciale dei sottoproletari che vogliono entrare nella casa del Grande Fratello per dimostrare al mondo che non sono loro ad essere delle pippe, è la società a non avere capito che sono degli strepitosi attori di fiction. Io rivoglio il matrimonio di Ascanio Pacelli in diretta a Buona Domenica con Maurizio Costanzo. Rivoglio Antonella Elia che fa più morti e feriti di qualsiasi film di Tarantino perché si è ritrovata troppa sabbia sul telo da mare all’Isola dei Famosi. Ah, e voglio ovviamente lo speciale a riguardo di Porta a Porta con ospiti in studio Fausto Bertinotti ed Elisabetta Canalis.  Non potete chiedermi di farmi bastare gli show con i napoletani buzzurri che si sposano in mezzo agli stucchi dorati e alla spazzatura che la camorra non ha ancora bruciato.

La Sardegna
Un tempo dicevi Sardegna e subito ti venivano alla mente Grazia Deledda, “Scende la luna dal monte”, la natura selvaggia, il giardiniere Willy. Poi si è trasformato in una sorta di Terra Promessa dove le tette sono sempre bagnate di champagne, le scarpe sono sempre babbucce e non esistono tristi prigioni dell’anima come lo scontrino fiscale. Per anni abbiamo pensato che la vita quotidiana fosse solo una pausa grigiastra tra tre giorni di vacanza al modico prezzo di due trapianti di reni. Ora invece la Sardegna è tornata quello che era un tempo agli occhi di una siciliana: uno strano luogo dove gli autoctoni fanno il bagno senza necessariamente sentire il bisogno di costruire le case a meno centimetri possibile dal bagnasciuga. Mah, sono matti questi sardi.

Comunque sì, sarà per me difficile disintossicarmi da questi usi & costumi che piano piano si sono inesorabilmente avvizziti. So che mi guarderete strana per questo mio sfogo, ma insomma, perché tenermi tutto dentro a languire? In fondo la vita dell’italiano non è altro che uno scavare per vedere quanto più in basso si possa arrivare: insomma siamo capaci di avere nostalgia di tutto, dagli anni ottanta ai colori fluo, perché non devo essere io allora quella attaccata ai ricordi?