Diciamolo chiaro e tondo: Corrado Passera, che qui chiamerò P, ha le sue colpe. Sarebbe potuto restare in disparte e vivere senza attirare l’attenzione. Ma lui no: era ambizioso, voleva fare carriera e diventare celebre, fregandosene di tutto il resto. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’ascesa di P ci ha costretti a nominarlo con irritante precisione, in barba alla prudenza. Quel suo cognome è comparso a più riprese sui giornali come per dispetto, come uno sberleffo, a caratteri cubitali. Poi è giunta una notizia inquietante: P ha fondato un movimento politico, Italia Unica, e non si è ritagliato un ruolo da comprimario. Ha avuto la brillante idea di posizionarsi al vertice della scala gerarchica. Insomma, è il leader.

Un incubo sta prendendo forma. Bisogna fare qualcosa, altrimenti accadrà l’irreparabile. Autori satirici improvvisati, battutisti della domenica e Vauro ingaggeranno per anni una lotta senza esclusione di colpi per fare la battuta più terrificante sul cognome di P, spacciando per ironia associazioni di idee giudicate con severità in terza elementare. E non ci sarà scampo. In nessun luogo troveremo riparo. Proprio mentre ci sembrerà di essere al sicuro, intorno a noi tanti insospettabili (perfino stimati professionisti) si materializzeranno in preda alla vis comica. Ci colpiranno senza pietà, all’improvviso. E non si parlerà più di politica: i legislatori potranno agire indisturbati, senza suscitare reazioni, perché ogni discussione sul loro operato sarà inquinata da variazioni su tematiche vaginali malamente accostate all’attualità.

Vien voglia di arrendersi alla crudeltà dell’onomastica, ma il vittimismo è una pratica sterile, quindi cerchiamo una soluzione. Esiste un sistema per evitare tutto questo? La mia risposta è sì. Dato che non possiamo contare sul senso della misura di una moltitudine in vena di facezie, l’unica alternativa è vietare con un’apposita legge a P, e a quelli come lui, di fare politica. E nell’attesa di un intervento del Parlamento in tale direzione, faccio appello alla buona volontà dei portatori sani di cognomi che evocano l’accoppiamento. Vi chiamate Passera, Bocchino, Pompino, Minchiazza, Uccello, Sessantanove o Sventrapapere? Non ce l’ho con voi, dico sul serio, ma vi imploro di rinunciare a eventuali aspirazioni politiche in nome del bene comune. In fondo avete la possibilità di condurre un’esistenza quasi normale. Potete frequentare la scuola pubblica come tutti gli altri e sopportate le angherie dei bulletti che vi prenderanno di mira a causa del vostro casato. Niente vi impedisce di abitare in una località d’alta montagna, per poi invecchiare precocemente e ricevere soprannomi suggestivi, come quello affibbiato al nonno di Heidi (“vecchio dell’alpe”); così tutti dimenticheranno il vostro handicap anagrafico. Oppure vi consiglio di emigrare in stati poco frequentati dai nostri compatrioti, come certe repubbliche africane in perenne guerra civile. Una cosa è sicura: la politica italiana non fa per voi. A meno che non siate disposti a cambiare cognome.