Chiedo scusa a tutti quelli che mi conoscono. E anche agli amici del bar, che non mi conoscono essendo il bar quello dell’autogrill.

Scusami Paola. La prima volta che ti vidi eri bellissima: ballavi. Sembravi un petalo di rosa che plana dolcemente fino a posarsi in un ruscello: urlando “Bo! Bo! Bo!” con la duckface. Ricordo che per trovare un pretesto per avvicinarti uscii e comprai una SLK a buffo. Due ore più tardi ci facevamo l’amore. Avevi il pube rasato per metà, e su quella depilata recavi tatuato un rasoio. Lo indicai e ti chiesi di sposarmi, mi rispondesti “Preferisco prènnene uno vero e tajammece li porzi”. Ricordo che mi sputasti la gomma sui camperos e te ne andasti fregandomi pure la macchina. Ti ho amata persino in quel momento e ti amo ancora.

Scusami Mara, moglie adorata. Spero che tu cominci a leggere da qui. Avrei voluto e dovuto dirtelo ogni giorno e non te l’ho detto mai. Te lo dico adesso: dovresti perdere dieci chili. Scusami per quando ti hanno pignorato la pelliccia proprio la sera che ti avevo chiesto di non metterti niente sotto. Scusami se non sono stato presente quanto avrei voluto – a casa tutti bene? – Scusami se qualche volta, nei momenti più intimi, ti ho mancato di rispetto e ti ho chiamata con un altro nome. Giuro che, anche se non sembrava, volevo picchiare proprio te.

Scusatemi Michael, Puma e Tretorn. Vostro papà vi adora. E anche a me state molto simpatici. Ho cercato di impartirvi la stessa educazione che mi impartì vostro nonno: “Inganna tutto quello che si muove e poi di’ che ti capiscono solo le puttane e i neomelodici”. Spero ricorderete ogni volta che vi ho presi in braccio, ogni volta che vi ho baciati. Sennò ve lo ricordo io: era quando veniva il curatore fallimentare e non sapevo come impietosirlo altrimenti.

Ora siete tre ometti. Saprete badare alla mamma, tenere in piedi la famiglia e lavorare per pagare i debiti che sono costretto a lasciarvi. Michael conto su di te: sei il maggiore e l’unico in grado di leggere questa mia.

Scusami Dio, ma oggi mi è arrivata una lettera. Lo Stato mi chiede indietro quindicimila euro. Molto più di quanto abbia mai avuto in banca, molto più della caparra che ho lasciato per la Viper, molto più di quanto abbia fatturato in tutta la mia carriera di evasore fiscale. Ora, solo ora capisco quei colleghi che non ce la fanno e scelgono il suicidio.

Scusatemi tutti. Spero proprio che crediate anche al mio.