I motori di ricerca e Wikipedia hanno cambiato il nostro modo di vivere. Un Pico della Mirandola oggi sarebbe in seria difficoltà nel confrontarsi con un dodicenne dotato di smartphone.
L’arretratezza digitale italiana, però, ci ha costretti a cercare alternative analogiche. La più utilizzata dagli italiani è senz’altro la Magistratura. Se hai un dubbio, la cosa più semplice è recarti nel più vicino posto di polizia e fare una denuncia alle autorità competenti. Ci metteranno un po’ (circa 20 anni) ma alla fine avrai la tua risposta.
I tribunali italiani sono inondati da cause intentate dai cittadini (solo quelle civili sono circa 4 milioni e mezzo l’anno), ma la vera particolarità è l’incredibile varietà di argomenti di cui si devono occupare, spesso a sproposito.
Un giudice italiano può essere chiamato a decidere di somministrare cure mediche di ogni tipo (è virologo, immunologo, oncologo e pure un po’ otorinolaringoiatra), può togliere una multa per eccesso di velocità perché l’auto era spinta dalla bora oppure sentenziare su quale sia la ricetta originale dell’amatriciana.
Una sentenza del 2009 ammetteva la coltivazione di marijuana, purché “acerba”, mentre un’altra discettava sulla durata della pausa caffè in un’azienda. Altri hanno giudicato una donna di Livigno troppo forte per essere maltrattata dal marito e come dimenticare la fantastica attenuante nelle cause di stupro dovuta ai jeans, in quanto “indumento che non si può sfilare senza la fattiva collaborazione di chi lo indossa”?
Gli italiani ricorrono ai tribunali per le cose più disparate: alcune più che un processo meriterebbero una carezzina sulla testa e un salto in ospedale per il TSO. La signora Capra per esempio ha intentato causa contro Peppa Pig perché omonima di uno dei personaggi del fumetto, mentre numerosi figli maggiorenni e vaccinati fanno causa ai genitori per ottenere il mantenimento senza nemmeno provare a cercarsi un lavoro. Si chiede ai giudici di chiudere un parco giochi perché i ragazzi fanno rumore e disturbano i residenti, oppure di argomentare sul peso delle mele.
Le skills nel problem solving dei giudici italiani godono di tale reputazione che ormai vengono richiesti per le funzioni più disparate, specialmente nella gestione della “cosa pubblica”. Troviamo giudici leader politici, sindaci di città, a capo di authority, addirittura un presidente di una Camera del Parlamento e ora pure uno come Presidente della Repubblica.
Come ogni motore di ricerca che si rispetti, dopo aver fatto una richiesta si ricevono innumerevoli risultati: difficilmente infatti in Italia si ottiene la stessa sentenza per lo stesso reato, tralasciando i capovolgimenti nei vari gradi di giudizio.
I maggiori difetti di questo splendido motore di ricerca sono tre. Il primo è il tempo per ottenere una risposta: Google lo indica in secondi, per i processi italiani servono i decenni. Il secondo sono i costi: tralasciando quelli propri per i processi (avvocati, spese processuali, etc.) solo nel 2014 lo Stato ha pagato ben 35,2 milioni di euro per ingiusta redenzione. Terzo, lo tsunami di cause che inonda il già traballante sistema giudiziario italiano, togliendo risorse alle cause che veramente andrebbero risolte al più presto.
Speriamo che l’allargamento dell’ADSL a fasce sempre più ampie della popolazione possa spingerci a usare più Google della Magistratura!
[artwork by Humani Instrumenta Victus]