Gli Americani, è risaputo, sono dei fuckin’ pragmatici. Così, fin dal lontano 1972, anno in cui scoppiò il Watergate, scandalo politico che portò alle dimissioni del presidente Nixon giusto un attimo prima che riuscisse a scatenare una guerra atomica, tutte le figuracce del governo USA vengono intitolate col suffisso -gate, in questo modo: motivodellafiguraccia-gate. Tra gli scandali più famosi ricordiamo:
- Sexgate (1998), il presidente Clinton viene coinvolto in uno scandalo sessuale, nel più classico “lei suona il piano, lui il sax”, per aver sottoposto una stagista, Monica Lewinsky, allo ius fellationis, nonostante quest’ultimo fosse stato abolito dal Congresso nel 1923;
- Irangate (1985-86), diversi alti funzionari e militari dell’amministrazione Reagan vengono beccati a vendere armi sotto banco all’Iran, senza rilasciare scontrino;
- Stargate (1994), un gruppo di scienziati e militari USA viaggiano dall’altra parte della galassia e trovano gli antichi Egizi capitanati da un vampiro;
- Billgate (Win95), un nerd diventa l’uomo più ricco del mondo.
Siccome è passato qualche annetto dall’ultimo -gate, le major cinematografiche – che, com’è noto, pilotano il governo americano – hanno deciso che sentiamo il bisogno di un sequel. Così qualche settimana fa è uscito Datagate, che letteralmente significa “il cancello dei dati”, ma che è meglio tradurre “quer pasticciaccio brutto de via Maryland”, e che in Italia andrà nelle migliori sale col titolo “Ma guarda un po’ ‘sti americani come ti spiano tutto e tutti”.
La trama suona piuttosto banale: un anonimo tecnico governativo, Edward Snowden, scopre di punto in bianco che i servizi segreti degli Stati Uniti sorvegliano tutto quanto gli è possibile sorvegliare: amici, nemici e semplici conoscenti. Scioccato da tale diabolico piano decide di raccontare tutto alla stampa per poi darsi alla fuga in località più o meno esotiche e con una legislazione quantomeno ambigua per quel che riguarda l’estradizione. Tutto questo solo per conoscere Julian Assange, di cui è fan sfegatato.
Ora, va bene che Snowden non è Sandra Bullock, e quindi un livello minimo di qualità dell’opera pare essere garantito. Però, davvero cercano di stupirci con un intreccio simile? Tanto valeva intitolarlo Pulcinellagate. A così pochi anni da un altro buon successo del grande e piccolo schermo, Echelon (in italiano “Il grande orecchio”), questi signori pensano sul serio di poter colpire il nostro immaginario raccontandoci che se telefono allo zio Espatriato (è proprio il nome, Espatriato) a Paris, Texas, e dico “zio, ma lo sai chi si sposa? Ah, questa è proprio una bomba!”, un computer sepolto a 70 metri sotto il deserto dell’Arizona emette un bip e mi mette in una black list di potenziali minacce alla sicurezza USA? Ci stanno forse prendendo per idioti? Sarebbe come fare un film su un Papa che rinuncia a fare il Papa. Che sciocchezza.
Il fatto è che siamo già consapevoli di tutto: ovvio che gli Stati Uniti spiino ogni cosa che riescano a spiare. Fanno così anche tutti gli altri governi, nei limiti delle loro capacità: la Russia e la Cina sono bene organizzate, per esempio; anche Israele va forte; in Italia abbiamo un Ufficio origliamenti niente male, dicono. È così che funziona l’intelligence, altrimenti tanto vale chiamarla Ufficio anagrafe. Di cosa dovremmo stupirci?
Sappiamo bene di essere filmati, ascoltati, registrati, localizzati. Come potremmo non saperlo, visto che siamo noi stessi a farlo? Ogni giorno gettiamo gli affari nostri sui social network attraverso telefoni in grado di raccontare a tutti dove siamo, cosa facciamo e quanto ci mettiamo. A noi non resta che aggiungere il perché, sempre che ce ne sia uno.
Perciò, davvero, vediamo di non essere ipocriti. Non ce ne frega niente della privacy. Non c’importa se il governo spia le nostre conversazioni al telefono, tanto dopo 10 minuti andremmo comunque a pubblicarne il riassunto in 140 caratteri. E anche le mail, ma sì, che le leggano pure: meglio loro che i grammarnazi. Foto e video sono già up. Quello che leggiamo, quello che scriviamo, quello che cuciniamo: stessa cosa.
Che poi, questi benedetti controllori, ancora ce li immaginiamo umani? Con tutti i fantastilioni di byte che transitano ogni giorno sulle varie reti, solo enormi macchine da calcolo possono resistere alla noia delle nostre vite. Ogni tanto una di queste macchine individua uno schema, emette un bip, e passa la questione a una macchina più in alto nella gerarchia, e così via, per chissà quanti livelli, finché la cosa non arriva sulla scrivania di un umano che la trascurerà perché ha cose più importanti a cui badare.
Chi controlla i controllori, allora? La risposta più vicina alla realtà è: i tecnici. Si assicurano che le macchine continuino a funzionare, tutto qui.
Poi, certo, ogni tanto capita che qualcuno di questi si ribelli. Dio solo sa contro chi o contro cosa. Contro il Sistema, si dice di solito. Sistemisti contro il Sistema. Però, invece di mettersi a spaccare supercomputer, fanno sapere a tutti noi che i supercomputer ci spiano. Così nasce un -gate.
Nessun problema. Ci faremo un film.
3D, naturalmente.