Lui non era tagliato per il conteggio delle pecore. Gli mettevano ansia mentre scavalcavano ostacoli, con quel loro irritante dinamismo. Dopo due minuti perdeva il conto e gli veniva voglia di entrare in quel pensiero, per costruire steccati più alti e fermare l’incessante giostra degli ovini salterini. Decise pertanto di sperimentare metodi sempre più estremi per curare l’insonnia. Si fece prescrivere benzodiazepine, neurolettici e derivati dell’oppio. Cominciò a leggere gli articoli di Micromega, ascoltò musica balcanica, partecipò ad assemblee di condominio, prese parte a comizi di Nichi Vendola. Ma non riusciva a dormire. Si ritrovava con gli occhi puntati su un soffitto che non poteva raccontare nulla di interessante. Poi ottenne quel lavoro nella pubblica amministrazione. C’erano tante cose che conciliavano il sonno in ufficio. Le nostre fottute pratiche, per esempio. C’erano i procedimenti che ci riguardavano, i concorsi pubblici a cui avevamo partecipato, le liste d’attesa in cui eravamo sepolti. Era tutto così soporifero da quelle parti. Appoggiò la testa sulla scrivania. Chiuse gli occhi. E anche lui si addormentò, come già molti altri avevano fatto.