Votare1 v. tr. e intr. [lat. pop. *votare, der. di vovere «offrire in voto»] (io vóto, ecc.)
Votare2 v. tr. (io vòto, ecc.). – Variante pop. e tosc. di vuotare, ormai disusata nell’uso parlato e molto rara anche nella scrittura, in quanto sono diventate normali le forme con -uo- non solo sotto l’accento (io vuòto, ecc.)
Votare non è altro che è un termine family friendly per indicare un rito pagano di massa di concezione tutta moderna, ovvero giocare nella merda.
Molti italiani sono dei fieri sostenitori di questo rito e lo sostengono per diverse ragioni.
Per alcuni, giocare nella merda è un’attività importantissima, se non la principale ragione di vita a cui aspirare.
Molti di questi individui sono produttori o consumatori attivi di merda. Vivono un’esistenza basata sull’idea che senza la merda già nota a tutti (e senza le conseguenti attività ludiche che la coinvolgono) ci ritroveremmo tutti costretti a fare i conti con altri tipi di merda, ignoti e spaventosi, a volte del tutto irreali, a volte del tutto simili alla merda già in essere.
Il vero obiettivo di queste persone è giocare nella merda il tanto che basta per raggiungere la superficie e prendere una boccata d’aria, arrampicandosi sulle spalle di chi, nella merda, è molto più affondato. Quest’ultimi, per ragioni che ignoro, si prestano a fare da scaletta, da sgabello o da piedistallo a tutti gli altri, e lo fanno anche con una discreta soddisfazione.
Per molte altre persone, invece, giocare nella merda è un diritto che ci è stato garantito col sangue dai nostri antenati, perché in passato solo chi era già in stretti rapporti con la merda poteva giocarci dentro, lasciando fuori dai giochi tutti quelli che avrebbero voluto farlo, ma a cui non era permesso.
Alla maggioranza dei nostri antenati questo impedimento non sembrava una buona idea.
La loro convinzione era che più persone si fossero messe a giocare nella merda e meno si sarebbe sporcato ognuno, rendendo il livello di merda pro-capite più sostenibile e, magari, meno pungente all’olfatto.
La storia ci ha dimostrato che le cose non sono andate esattamente così, ma convincere i sostenitori del “diritto/dovere di cui essere grati” è complicatissimo, soprattutto perché, se scegli di non giocare con loro, loro te lo rinfacciano fino alla morte.
Alcuni di questi teorici, visto che il livello di merda è ormai talmente alto che anche una piccola bolla d’aria appare come una via per la salvezza, si turano il naso e si tuffano a giocare anche loro, controvoglia, assicurandosi di rendere noto a tutti il loro ribrezzo nel farlo. (la bolla d’aria viene definita dagli esperti del settore col termine tecnico di “meno peggio”, e la sua conquista è ormai diventato l’obiettivo principale del gioco).
Per fortuna, però, esiste una piccola parte di italiani (anche se ormai non più tanto piccola), che contro ogni influenza esterna decide di non partecipare al rito pagano del gioco nella merda.
I suddetti non-giocatori sono quelli che vengono criticati da tutti gli altri, e a loro viene puntualmente data la colpa di scelte che non hanno fatto e di problemi che non hanno causato.
Qualche schizzo finiscono comunque per prenderselo, ma da seduti, sul recinto attorno alla guazza, guardando verso luoghi in cui la merda non sia l’elemento dominante, e a ipotizzare un mondo migliore in cui non sia necessario giocarci, nella merda, per riuscire a realizzare qualcosa di buono.
Io sono uno di questi. E anche tu potresti esserlo, basta volerlo.
In alternativa, per favore, cerca di sporcare il meno possibile. sappiamo entrambi che, alla fine, sarà a noi che toccherà pulire quando avrai finito di svuotarti.