Pochi soldi per le vacanze, quest’anno. Nonno, l’abbiam lasciato in autogrill a vedere i lavori per la terza corsia. Nonna, al Centro Commerciale: è bastato metterla fuori da una piadineria, dire a chi ci lavora che era una promoter, ripeterle un centinaio di volte “Vuole una piada?” e lasciare fare il resto al suo Alzheimer. Il piccolo ormai è tredicenne, per tenerlo occupato è bastato riempire la vasca e fargli trovare casualmente la mia bambola gonfiabile. La grande, nella casa al mare dei genitori del nuovo moroso: lo diceva, a Natale, che le tette nuove erano un investimento. A mia moglie ho detto “Niente albergo: prendiamo un appartamento, così ti riposi come a casa”. M’ha mandato una cartolina da Porto Cervo, che secondo me si chiama così perché ci vanno le femmine a metterti le corna coi ricchi. – van deer gaz

Momento più triste del giorno: crepuscolo. Il viola non è l’azzurro, degli idoli promessi nessuna traccia. Momento più triste della settimana: crepuscolo della domenica. Finiti i puffi, sta per cominciare drive in e la mamma deve farti il babyshampoo che col cazzo niente più lacrime. Per alleggerirtelo: “Sai, domani devi andare a scuola”. Momento più triste dell’anno: crepuscolo di ferragosto. Per strada è passato Jesse James e ha messo tutti i cadaveri nei cassonetti, juke-box verdi a ròta con la puzza dell’estate. Giornate più brevi, e dovrai pure scriverlo in un tema. L’estate romana è finita. Ma l’anno prossimo ce ne sarà una ancora più bella. Vedrai, ci pensa Nicolini, dice la mamma. – lowerome

Per le ferie di quest’anno faccio come l’anno scorso: Photoshop. Prendo un paesaggio come sfondo, ci metto la mia faccia in primo piano, sgrano, saturo, ombreggio, carico su Instagram e pubblico su Facebook. Con questo metodo mi sono già girato Ibiza, Creta e Acapulco. Volevo andare pure a Tropea, ma le foto più aggiornate risalivano a prima della Salerno – Rcggio Calabria, quando la Calabria era ancora un arcipelago in mezzo al mare. Per rendere la cosa più credibile, mi preparo pure un bel finto Mojito con acqua minerale, tè alla menta e ghiaccio. Tanto lo sanno tutti che a me, al mare, piace andarci da solo. – spaam

Il mio è più un problema di definizione che altro. Non è che mi faccia schifo andare in ferie, al mare, in montagna, in campagna (c’è davvero qualcuno che va in ferie in campagna?). Ci andrei volentieri, in ferie, però la questione è concettuale; logica, se vogliamo. Anzi, cronologica. No, non è un problema di soldi, non scherziamo. Ok la crisi, ma i soldi si trovano: per le ferie e la colazione al bar si trovano sempre. Pure per Sky. Ho lavorato per anni in un posto che le ferie erano dal 1° al 20 agosto. Fisse, per tutti. C’ho preso il ritmo. Poi ha chiuso, ‘sto posto. Ora, così, da disoccupato, io, in ferie, quando devo andarci? Non lo so mica. – mix

Vacanze, dal latino «vacans», che significa «vuoto interiore», «sono una professoressa» o «finalmente un impiego statale dopo tutti quei bocchini». Non ci riguardano. La locomotiva Italia ha ripreso a correre (segni in questo senso: nuova stagione di Voyager). L’unico benefit in busta paga, quest’anno, sarà il beneficio del dubbio. È giusto così. D’altronde noi quasi-trentenni ce la siamo voluta: tutto quel silenzio-assenso durante la staffetta DC-Craxi. E sì che io mi ricordo i TG dell’epoca. Li ricordo bene. Una volta stavo mangiando il cucciolone, che poi dovevo andare a letto perché il giorno dopo facevo i verbi in -ire, e c’era l’uomo ragno, lì, cogli occhialetti pentapartito, che parlava di Sigonella. E io, superficiale come una mèche di Flavia Vento, lasciai correre. Il carattere dell’uomo è il suo destino. Niente vuoto interiore, per me. Nemo vacans in recta patria. Quest’anno il lavoro mi renderà libero. E salirò nel cielo come cenere nella sera. – woland