(C’è questa tizia che mi vuole parlare di meditazione, se da un’ora o da un anno non lo so più. Vuole parlarmene a tutti i costi. Le dico che se mi parla ancora di meditazione la uccido. Lei vuole assolutamente parlarne, evidentemente anche a costo della vita. Allora me ne vado, e lascio solo i miei occhi vacui a riempire la mia faccia indifferente che ritmicamente dondola: annuire senza capire. Scappo nel mio fantastico mondo degli orsetti gommosi, dove non sono se non voglio, e sono al contempo tutto quello che voglio essere. Ora ad esempio sono una conchiglia, e se lei accostasse il suo orecchio al mio potrebbe anche sentire il mare. Ma la sua voce stridula fa vibrare l’aria tra di noi e provoca onde che non sono quelle fresche e saline del mare, ma sono sillabe al gusto di kebab e sigaretta. Alcune di queste fetide parole riescono furtive ad introdursi nella mia testa, dolorosamente rimbalzano tra incudine e martelletto, il timpano vibra, trema di rabbia e disgusto,e lascia atterriti tutti gli indifesi orsetti gommosi. Mi spiega che posso esercitare la meditazione in psicosintesi anche semplicemente indirizzando la mia completa attenzione verso un determinato oggetto. Io guardo la polvere: peli, capelli, idrocarburi incombusti, polline e scaglie di pelle morta che, in un silenzio dorato, sedimentano sulla foto di mia madre con me da piccolo. Ecco qualcosa su cui dovrei seriamente meditare, sono quattro anni oggi dall’ultima telefonata. Ma l’anarco-fricchettona continua, parole su parole, inconsistente eppure fastidiosa, polvere che inceppa il meccanismo dei miei pensieri. Insiste nel dire che per vivere meglio il mio ambiente dovrei rientrare in contatto con lo spirito della terra, Gaia. Io mi sento in diritto di puntualizzare che l’ambiente in questione è intestato a me, che è scritto tra le stelle ma anche e soprattutto al catasto, e che se magari lei, ‘sta Gaia e tutti gli altri se ne andassero cortesemente a fanculo, forse questo aiuterebbe a farmi rientrare in contatto con l’ambiente mio. Lei mi dà dello stronzo perché si ritiene mandata a fanculo e pertanto offesa. Io controbatto che fanculo non è un’offesa perché fanculo non esiste, è uno stato mentale. Nel suo caso uno stato permanente, e infatti le spiego chiaramente che per me lei sta sempre a fanculo. Se ne va. Per l’appunto sfancula. Forse tornerà a casa sua, che poi alla fine questi una casa ce l’hanno. Magari sono case ripiene di parenti, ma ci scommetto le palle che una casa ce l’hanno. Avanti così. Questa specie di moschettone sulle palle è, o forse a questo punto era, l’amica aspirante vegana di Manfredi, anche lui biologicamente allevato ai Parioli, che da un anno si parcheggia sul mio divano per rompermi i coglioni a kilometro zero. Questa vegeto-fattona mi ha un tantino innervosito, ma va bene, avanti così, meno uno. Manfredi ha disoccupato il bagno or ora, ed è in transito dal corridoio verso l’armadio a muro. Manfredi non è molto alto. Meno lui.)
– Frà, cazzo fai? Ahia, aò, ma perché?
È caldo e umido l’orecchio che tengo accartocciato nel palmo della mia mano, che più stringe e più suda. E più suda, più stringe.
– Tu lo sai cos’è la meditazione?
– Ma che cazz, ahiaaaaaaaa, sì, certo che la conos, ahiaaaaaaaaa
– Ecco, bravo, sai qual è un metodo efficace per mettere in pratica la meditazione?
– No, ahi, no, non lo so, dimmelo tu, ahiaaaaaaa
– A quanto pare è il proposito di donare al prossimo qualcosa di sé per ogni grazia ricevuta.
– Mmm, fico. Quindi? …ahi…
– Non fare lo stronzo.
– Ahiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
L’orecchio di Manfredi ha un coefficiente di torsione davvero rimarchevole.
– E sai qual è lo scopo della meditazione?
– Ahiaaaa, no, io non so un cazzo, Frappa smettila, così me lo stacchi.
– Allora te lo spiego io, che oggi ho studiato.
E con un movimento fulmineo cambio orecchio, questo ancora rosato e fresco. Lo costringo così ad inginocchiarsi.
– Lo scopo della meditazione è smettere di pensare per un determinato lasso di tempo, aspettare che la nebbia del pensiero si diradi e scorgere il grande spirito interiore, che ora, senza pensarci, ti vuole menare fortissimo.
Si divincola, mi sfugge e scappa.
Da mezzora è trincerato in camera da letto. A meditar vendetta.